L'autobus
Se lo vedete, in qualunque parte del mondo, NON CI SALITE per carita'!
Adesso vi racconto.
Ci eravamo lasciati con noi felici per avere trovato subito una coincidenza per Jakarta. La partenza era per le 20,00. L'autobus si presenta per le 18,30: meraviglioso, addirittura in anticipo!
Quando saliamo noi, l'autobus e' gia pieno. Quando dico pieno, non intendo pieno di passeggeri, non solo: tutto il corridoio, le scale per salire e il tetto, sono strapieni di borsoni, sacchi gabbie, scatoloni e secondo me da gente sepolta.
Sono rimasti liberi solo i due sedili in fondo della fila destra, gli ultimi prima della fila di 6 sedili finale, occupata da scatoloni e da uno che li sistema.
Io non ci entro con le gambe, con tutta la buona volonta'. Virgy si piazza sul lato esterno e, appoggiando una gamba su una valigia ed un'altra su un sacco di non si sa cosa, si aggiusta.
Visto che il tipo dietro finisce di sistemare le cose, mi piazzo in un buco nell'ultima fila, con le gambe appoggiate in avanti sulle valigie e i pacchi (il pavimento non e' letteralmente piu' calpestabile).
Sono abbastanza comodo, anche se ho un palo di ferro tra le mie gambe, proprio vicino a zone delicate: basterebbe un brusca frenata a frustrare ogni velleita' riproduttiva della povera Virgy.
A questo punto noto altri pali. Tutto il corridoio e pieno di pali di ferro verticali che sostengono travi di legno che a loro volta impediscono ai bagagli di sopra di farci compagnia. Bene.
Immagino che le regole della sicurezza siano naturalmente tutte a posto.
Durante le prime ore della notte e' un continuo di scendi e sali e di valige che entrano ed escono, e noi sempre ad alzare e abbassare le gambe per consentire le manovre.
Notate che tutti coloro che salgono devono camminare nel corridoio sulle valigie degli altri per arrivare al loro posto.
Quando siamo stracarichi e non ci sono piu' posti, spero che siamo alla fine: invece continuano a caricare gente che si infila tra i pacchi in posizioni che per me sarebbero da vietare dalla Convenzione Internazionale di Ginevra.
Il secondo autista, adagiato su un materasso pulcioso dietro l'ultima fila di sedili, alle 2.00 comincia il suo concerto di russo col fischio.
Ma non e' un problema, alle 2,45, il creativo conducente decide che ha voglia di musica e spara a tutto volume un po' di pop indonesiano. Incredibilmente nessuno dice nulla: io gli urlo qualcosa in inglese, ma se ne fotte.
Per fortuna dopo una mezz'ora ne ha abbastanza anche lui.
Alle ore 3,50 comincia un acquazzone che, dopo pochi minuti, ci raggiunge all'interno dell'autobus attraverso tutti i bocchettoni dell'aria condizionata rotta, e l'acqua traspira da ogni lembo di tappezzeria. Siamo allo stremo.
Virgy, per questa tratta, merita certamente la Medaglia d'Oro per la Resistenza.
I nostri sedili sono zuppi e dobbiamo alzarci. Virgy viene ospitata su un mezzo sedile da una gentile ragazza, io sto in piedi per due ore, i locali semplicemente infilano le tendine nei buchi dell'aria condizionata in modo che assorbano l'acqua, e quando cominciano a gocciolare anche quelle si mettono un asciugamano dove cadono le gocce: ammirevoli.
Finalmente, arriva l'alba.
Finisce la pioggia e il giorno successivo passa abbastanza tranquillamente, cosi' come la notte: qualcuno e sceso e possiamo sederci. Un passeggero e' dispiaciuto perche', dice, porteremo con noi un pessimo ricordo del suo paese.
Volevo dirgli che desideravo ardentemente uno tsunami gigantesco sommergesse tutte le isole dell'arcipelago sterminando ogni forma di vita, ma gli rispondo che avro' un bellissimo ricordo dell'Indonesia, ma un pessimo ricordo di questo autobus. Magari e' anche vero.
Il giorno dopo, alle 13, arriviamo a Jakarta. Anzi, no.
L'autobus ci scarica a 20 km da Jakarta e prendiamo un taxi (che ci costa quasi quanto l'autobus) per arrivare in citta.
Jaksa e' una piccola via dove i globetrotter, o backpackers, trovano alloggiamenti economici e servizi come internet e pub.
Troviamo un discreto alberghetto e la camera, anche se su standard di pulizia asiatici, e' accettabile.
A parte lo specchio del bagno che va autonomamente in frantumi dopo 10 minuti.
A Jakarta incontriamo personaggi interessanti.
Uno ci vende una cerbottana da caccia del Borneo; lo invitiamo a bere qualcosa con noi e ci racconta della sua vita. Vive in un piccolo villaggio del Borneo con la moglie e due figli. Non lavora e durante l'anno va a caccia di scimmie per mangiare; quando e' stagione turistica, si reca nella capitale per cercare di fare qualche soldo per la scuola dei figli e i vestiti.
Un altro, poi e' radioso perche' un turista americano gli ha promesso di fargli avere la green card per lavorare negli USA, dove avrebbe gia' un posticino part time in un albergo a Los Angeles. Lui ha gia' tutti i suoi progetti in testa: e' sicuro di trovare un secondo lavoro,"magari come uomo dell'immondizia perche' sono lavori che loro non vogliono fare", e guadagnare anche nove dollari l'ora e 12 la domenica. E la famiglia? Gli chiediamo.
"Io adesso vado li' con un contratto di sei mesi, dice, poi, se avro' una promozione il mio contratto diventera' di 3 anni, e alla fine di quelli, magari avro' abbastanza soldi per farli venire qui' ". Sticazzi.
Il terzo fa un po' pena, ha la mia eta' ma sembra mio nonno, ha la madre malata e rompicoglioni che pretende da lui tutti i soldi che trova in giro e non gli consente di lasciare Jakarta per cercare piu' fortuna in posti piu' fortunati, tipo Bali. Ripete continuamente che suo padre se ne e' andato quando lui era piccolo e per questo e' un irresponsabile e lui lo odia.
O e' il piu' grande attore che abbia mai visto, oppure evidenzia qualche psicosi neanche troppo latente.
Per la cronaca, Jakarta fa schifo. Evitatela pure. Il loro orgoglio, il monumento all'indipendenza, e' stato costruito negli anni sessanta su progetto di architetti russi: ho detto tutto.
Temevo un pochino il passaggio in questo paese , il primo decisamente islamico, ma la gente si e' dimostrata sempre molto aperta e cordiale.
Virgy ha ovviamente spopolato.
Nella foto la piu' grande moschea dell'Asia, accanto ad una cattedrale cattolica.
Perdiamo un altro giorno perche non ci sono autobus, ma poi riusciamo a partire verso Bali.
F & V
F & V
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